Le disfunzioni del pavimento pelvico comprendono un gruppo eterogeneo di condizioni patologiche relativamente comuni che interessano prevalentemente le donne pluripare in fase peri-post menopausale e rappresentano un problema emergente coinvolgendo circa il 23.7 % della popolazione adulta femminile con un’incidenza che appare in continua crescita negli ultimi anni. Si stima che con l’incremento dell’aspettativa di vita tali patologie diventino sempre più frequenti con una incidenza del 46% nel 2050 solo negli USA. Queste condizioni influenzano negativamente la qualità di vita delle pazienti e si manifestano con un’ampia varietà di sintomi spesso associati tra loro quali prolasso degli organi pelvici, incontinenza urinaria, dispaurenia, incontinenza fecale, dolore pelvico cronico, sindrome da ostruita defecazione (SOD), che consiste in un’inadeguata evacuazione di feci dal retto con feci frammentate, ponzamento inefficace ripetuto e necessità di evacuazioni quotidiane associate a manovre digitali.

Diversi sono i fattori di rischio relativi alla disfunzionalità del pavimento pelvico quali in particolare il sesso femminile, la menopausa, l’età avanzata e la ridotta o alterata produzione di collagene ed elastina; seguono l’obesità, la gravidanza e la multiparità per l’incremento della pressione addominale ed il ridotto tono muscolare; a questi si aggiungono il parto per via vaginale per la possibile lesione di legamenti, muscoli ed ossa del bacino, una pregressa chirurgia pelvica come l’isterectomia per il possibile danno di strutture anatomiche quali la fascia pubovescicale e rettovaginale, una coesistente neuropatia del pudendo da stiramento cronico nei casi di stipsi conica.

Il pavimento pelvico femminile viene classicamente diviso in tre compartimenti anatomo- funzionali: il compartimento anteriore che contiene vescica e uretra, il compartimento intermedio che contiene utero e vagina ed il compartimento posteriore che contiene retto e canale anale. Il pavimento pelvico è un sistema complesso formato da una componente muscolare attiva ed un sistema di supporto passivo con muscoli, legamenti e fasce strettamente interconnessi tra loro con la funzione di sostenere i visceri pelvici partecipando anche attivamente alla continenza urinaria e fecale e coordinando il rilassamento degli sfinteri nel corso della minzione ed evacuazione.

La compresenza di lesioni dei muscoli, dei legamenti e delle fasce del pavimento pelvico diversamente associati tra loro possono determinare prolassi degli organi e disfunzioni del pavimento pelvico che possono coinvolgere in misura differente tutti i tre compartimenti.

Tra le strutture di supporto vengono distinte in senso cranio-caudale la fascia endopelvica, il diaframma pelvico ed il diaframma urogenitale. Il diaframma pelvico è formato dal muscolo elevatore dell’ano a conformazione laminare anteriormente e dal muscolo pubococcigeo posteriormente. Il muscolo elevatore dell’ano con la sua componente puborettale è la principale componente del meccanismo volontario della continenza ed è la struttura muscolare più danneggiata nei disturbi funzionali del pavimento pelvico.

Vista la complessità anatomica e funzionale diventa fondamentale il ruolo dell’imaging nella valutazione delle disfunzioni del pavimento pelvico in quanto l’esame clinico di certo utile nell’iter diagnostico, tuttavia, può sottostimare la sede, il grado ed il coinvolgimento viscerale in caso di prolasso degli organi pelvici nel 45-90% dei pazienti.

Tra le metodiche di imaging la tecnica fluoroscopica dinamica dell’evacuazione è stata descritta per la prima volta da Walden nel 1952; nel 1964 Burhenne ha descritto la tecnica a raggi X. In seguito, sono stati pubblicati moltissimi lavori. L’utilizzo della RMN nello studio della patologia del pavimento pelvico inizialmente con immagini statiche, successivamente mediante immagini dinamiche, è stata proposta per la prima volta da Yang e Kruyt nel 1991.

La tecnica RMN rispetto alla defecografia RX presenta diversi vantaggi tra cui l’assenza di radiazioni che garantisce la eventuale ripetibilità di sequenze non diagnostiche, la biocompatibilità del gel ecografico rispetto al bario, un imaging multiplanare e multiparametrico con elevata risoluzione di contrasto degli organi pelvici e dei muscoli del pavimento pelvico, l’assenza di mezzi di contrasto somministrati per via endovenosa, una valutazione funzionale unitaria e panoramica dei tre compartimenti pelvici, tempi di esecuzione relativamente brevi ed una maggiore compliance della paziente.

 

Presso il servizio di Risonanza Magnetica della SC di Radiodiagnostica dell’ospedale di Mondovì vengono effettuati studi di valutazione delle disfunzioni del pavimento pelvico attraverso un protocollo di studio dedicato in accordo con le linee guida dell’ESUR/ESGAR (2017).

Il giorno dell’esame la paziente deve presentarsi a digiuno, con vescica parzialmente repleta e con piccolo clistere rettale di pulizia eseguito la sera prima ed il mattino stesso dell’esame.

Risulta fondamentale un preliminare colloquio con il radiologo finalizzato a raccogliere l’anamnesi e ad avere notizie cliniche oltre ad istruire in modo adeguato la paziente sulla corretta
esecuzione dell’esame nella fase dinamica. All’interno del magnete il soggetto viene posizionato supino, con le ginocchia flesse ed avvolto in un pannolone di protezione. Vengono introdotti nel canale anale 180 cc di gel ultra­sonografico in modo da ottenere un’adeguata distensione delle pareti rettali. Lo studio si compone di due diverse fasi: un preliminare studio morfologico a riposo sui tre piani dello spazio seguito da uno studio dinamico che comprende una fase di contrazione, una fase di ponzamento ed una fase di evacuazione. Le fasi di contrazione e ponzamento indipendentemente dall’evacuazione vengono ripetute per almeno tre volte in quanto solo dopo successivi ponzamenti possono evidenziarsi reperti patologici quali prolassi di organi pelvici prima non obiettivabili.

Nella fase finale di evacuazione la maggior parte del gel endorettale viene evacuato dal retto entro in genere 60 secondi. La durata complessiva dell’esame defeco RMN è di circa 25-30 minuti.

 

Fig 1: Sequenze sagittali T2 statiche in tre differenti casi: Condizioni di riposo (a), Contrazione (b), Ponzamento senza evacuazione (c)

Numerosi sono i reperti che si possono evidenziare con l’imaging RM tra cui:

cistocele: rappresenta lo scivolamento della base della vescica al di sotto della linea pubococcigea (PCL) conseguente ad un indebolimento dei tessuti connettivi di sostegno del pavimento pelvico in particolare della fascia pubocervicale e si manifesta con un’incontinenza urinaria da stress e/o ritenzione urinaria;

ipermobilità uretrale: risulta spesso associata al cistocele e compare quando la discesa della parete posteriore della vescica risulta superiore rispetto all’escursione compiuta dalla sua parete anteriore, con conseguente variazione dell’asse uretrale che risulterà posizionato in orizzontale nelle condizioni di aumentata pressione intraddominale, con possibile perdita della continenza dello sfintere uretrale interno;

prolasso vaginale o uterino: viene definito dalla discesa al sotto la PCL della cupola vaginale o cervice uterina ed è causato da un danno muscolare o da una lassità dei legamenti uterosacrali;

enterocele: è l’erniazione della cavità peritoneale nello spazio retto-vaginale e può contenere omento (peritoneocele), intestino tenue (enterocele) o sigma (sigmoidocele), si associa spesso ad una pregressa isterectomia ed è importante ai fini chirurgici segnalare se è riducibile a riposo in quanto cambia il tipo di approccio chirurgico;

rettocele: è un’estroflessione della parete anteriore del retto anteriore attraverso la parete vaginale posteriore, meno comune risulta il prolasso posteriore e laterale, ed è determinato da difetti della fascia prerettale e pararettale o del setto rettovaginale in particolare durante il parto.
Il rettocele si presenta con sintomi da ostruita defecazione con la necessità di manovre digitali su vagina e perineo per evacuare (“digitazione” p.d.) e si associa sempre all’invaginazione rettale. L’invaginazione intestinale si manifesta più comunemente verso la fine dell’evacuazione, può interessare solo la mucosa rettale o tutta la parete, e viene distinta in base alla sua posizione in intrarettale, intra-anale ed esterna (prolasso rettale p.d.);

sindrome del perineo discendente: viene definita dalla eccessiva discesa del pavimento pelvico sia a riposo che in ponzamento;

anismo: caratterizzato dall’assente o insufficiente rilasciamento del muscolo puborettale
e dello sfintere anale esterno durante la defecazione e si manifesta con un’evacuazione prolungata ed incompleta dovuta ad una contrazione paradossa del muscolo puborettale durante il ponzamento e la defecazione.

In conclusione, la defeco-RM rappresenta una tecnica di imaging molto utile nello studio della regione ano-rettale, dotata di elevata accuratezza nel rilevare le varie disfunzioni e patologie del pavimento pelvico, stante l’elevato dettaglio anatomico, la riproducibilità e l’assenza di radiazioni ionizzanti, molto importante in un setting di pazienti giovani, quale valida alternativa alla più tradizionale defecografia RX.

Fig 1: Sequenze sagittali T2 statiche in tre differenti casi: Condizioni di riposo (a), Contrazione (b), Ponzamento senza evacuazione (c)

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